San Pietroburgo Trezzini
Fortezza dei Santi Pietro e Paolo - San Pietroburgo
opera dell'architetto ticinese Domenico Trezzini
La città di San Pietroburgo celebra quest'anno il terzo centenario della sua fondazione e la festa è anche un po' insubre.

I primi edifici della nuova capitale voluta da Pietro il Grande perché fosse il ponte gettato dalla Russia verso l'Europa furono infatti progettati dall'architetto ticinese Domenico Trezzini che introdusse il gusto barocco nel vasto Impero che lo Zar intendeva modernizzare.

Chi invece diede alla città l'elegante impronta neoclassica che ancora contraddistingue il suo centro storico – si pensi all'impareggiabile gioiello dell'Hermitage - fu il bergamasco Giacomo Quarenghi, architetto di Caterina II.

Un posto d'onore tra gli Insubri che operarono alla corte degli Zar va però assegnato ad Ivan Bianchi, varesino di nascita e ticinese d'adozione, acquarellista di talento che a San Pietroburgo sperimentò le possibilità di quella nuova invenzione che piacque subito ai pittori, la fotografia e, fra il 1852 e il 1854, scattò venti immagini della perla russa affacciata sul Baltico.

La tecnica era stata sviluppata da Daguerre circa un ventennio prima e quello di Bianchi è dunque il primo documento fotografico dell'antica capitale russa.

Le sue istantanee, esposte di recente in occasione dell'ultima assise del G20 tenutasi proprio a San Pietroburgo, saranno oggetto di una rassegna, ospitata nella Sala Veratti a Varese in collaborazione con il Rivellino di Locarno e con l'Archivio Ivan Bianchi sempre di Locarno, che il 3 giugno aprirà il Festival “Insubria Terra d'Europa”, giunto alla sua ottava edizione.

Ma l'VIII edizione del Festival non sarà solo fotografia e 'storia patria lombarda'; le relazioni geopolitiche, antiche e nuove, tra Russia ed Europa, il grande sogno euroasiatico, le storie e la letteratura che coinvolsero il popolo russo e quello mitteleuropeo sono solo alcuni dei momenti che coinvolgeranno il pubblico del Festival.

E ancora, la ridefinizione degli spazi geopolitici ad Est rimane uno dei grandi temi di tutta la politica internazionale che spesso guarda ai conflitti più che agli elementi di unità antica delle culture che da Vladivostok corrono, sottili e profonde, sino al golfo di Finlandia e oltre, sino a Dublino, investendo l'intera Europa.

Non diversamente di attualità le relazioni tra le due Chiese, di Oriente e di Occidente, dove il cattolicesimo e l'ortodossia stanno riaprendo porte serrate da secoli in vista di una nuova alleanza, non più sincretista quanto, appunto, euroasiatista.

E così passando per le montagne della Carnia dove il popolo Cosacco, per le curiose e crudeli vicissitudini della storia, si trovò, alla fine del II conflitto mondiale, ad affrontare la sua ultima cavalcata, così straordinariamente narrata da grandi scrittori furlani come Sgorlon e Magris.

Saremo in viaggio con un compagno di eccezione, tale Corto Maltese, che ci guiderà alla scoperta di un altro personaggio straordinario, il Barone Von Ungern, che nel cuore dell'Asia avrebbe ridato vita al mito euroasiatico che già fu di Alessandro Magno prima e di Gengis Khan poi.

Mille storie in questo Festival che vogliono tentare di abbracciare quella geografia mistica che ha solcato popoli, terre e destini, che portarono i venti della steppa sino a noi e da noi tornarono verso quella 'luce dell'Est' che nel '700 fondò Pietroburgo coi i nostri, cari, magut lombardi.
von Ungern
Il barone von Ungern nella visione di Ugo Pratt
von Ungern
Il barone von Ungern in una fotografia dell'epoca
Programma in PDF

Luoghi e informazioni generali